Uno sguardo all'Europa

Un iniziale parere della commissione europea sul CBD spaventa tutti rischiando un blocco della produzione di cannabidiolo di origine naturale. In italia subito succeduto dal DM Speranza, poi sospeso il giorno prima dell’entrata in vigore, con cui si inserivano nella legge 309/90 sezione B, tabella dei medicinali che hanno effetti stupefacenti, le “composizioni per somministrazione ad uso orale di cannabidiolo ottenuto da estratti di Cannabis”. 

Dal 19 novembre arriva una sentenza della Corte di Giustizia Europea che si pone in controtendenza rispetto alle precedenti azioni, pone definitivamente il limite agli Stati Membri di non poter più impedire la circolazione e commercializzazione nei mercati UE dei prodotti derivati dell’intera pianta. 


Anche l’Organizzazione ondiale della Sanità, tra le varie, raccomanda all’ONU di escludere dalle sostanze che necessitano di controllo il CBD e le preparazioni con CBD ottenuto dalla pianta.
L’ONU questo 2 dicembre approva una sola delle raccomandazioni dell’OMS, la principale. La “culla del proibizionismo”, come chiamata da alcuni, riconosce finalmente la Cannabis una sostanza terapeutica, rimuovendola dalla tabella 4 nella quale si trovano le sostanze a maggior rischio di abuso e senza alcun valore benefico. La storia del proibizionismo sulla cannabis termina oggi. 

La Commissione europea, dopo la votazione ONU quasi unanime, cambia rotta e decide di dare il via libera alla qualificazione del CBD come alimento o integratore alimentare. Ma per ora lo fa secondo le regole del Novel Food, una normativa molto complessa che oggi consente la registrazione e quindi commercializzazione di un prodotto alimentare al CBD ma soltanto a gruppi industriali sufficientemente grandi e strutturati o a consorzi costituiti a questo scopo, a causa delle elevate spese di registrazione, ricerche e schede di sicurezza. Un’operazione esosa e complessa per la maggior parte delle piccole realtà italiane d’eccellenza. 

Speriamo che almeno il Ministro Speranza ritiri il suo decreto, alla luce delle possibili implicazioni per il settore, e delle raccomandazioni dell’OMS e del quadro internazionale. 

In Italia

Il nostro settore è andato avanti per la sua strada, attraverso tutte le possibilità aperte dalla 242/2016, grazie alla quale è possibile realizzare e mettere in commercio qualunque derivato della canapa, ma senza destinazione d’uso umano se l’impianto di norme resta quello che è al di là della 242/16. 

Ed è proprio questa dicotomia che ha generato non poche problematiche: da una parte molti operatori non hanno saputo orientarsi correttamente verso i protocolli da seguire per evitare contraddizioni; dall’altra le FFOO, aizzate dalla politica proibizionista, hanno perpetrato su commercianti e agricoltori un continuo susseguirsi di interventi “modello narcotrafficante” per dei prodotti che, seppur non abbiano una destinazione di consumo, possono essere legittimamente commercializzati in quanto privi di efficacia drogante e, come abbiamo avuto modo di vedere in questi anni, senza creare alcun danno o problema di sicurezza pubblica, anzi, sono i sequestri “dello sceriffo” che provocano ingenti danni in termini di perdita di tempo e soldi, anche parlando di cannabis ad alto tenore di THC soprattutto per il “sistema giustizia” , come evidenziato da: De Raho, Maggiore e Palma in Commissione Giovedì 17 dicembre 2020

Non si è mai scelto di far decollare realmente questo settore, ma allo stesso tempo non ci si poteva, per fortuna, permettere di fermarlo visto che occupa moltissimi giovani operatori che avrebbero perso il posto di lavoro e molte giovani aziende che avrebbero perso tutti i loro investimenti e il know-how acquisito in questi anni. Non è stato fermato anche grazie alle innumerevoli evidenze e scoperte scientifiche sempre più frequenti e all’apertura che sicuramente stiamo osservando nel mondo occidentale. Un mercato che oramai ha fatto venire l’acquolina in bocca a più grandi realtà dell’industria del tabacco e farmaceutica, che sono sicuramente più incisive di altri nel portare i loro interessi all’attenzione di chi di dovere. 

Il 21 dicembre l’ennesimo emendamento sulla canapa industriale è stato bocciato in commissione bilancio della Camera.

Prodotto agricolo e successive destinazioni d’uso

Normare questo settore è incredibilmente complesso, e forse un emendamento non sarebbe stato sufficiente. In ogni caso è giusto confrontarsi con le forze in gioco per offrire il prima possibile agli operatori del settore le garanzie su tutte le attività che il codice civile considera agricole, quali produzione, raccolta, manipolazione e commercializzazione dei prodotti della propria azienda ai sensi dell’art 2135 cc. 

Un punto molto importante è rendersi conto di questo: la legge 242, e tutta la normativa sui prodotti agricoli consente di ottenere delle infiorescenze di canapa industriale, totalmente tracciate, prive di efficacia drogante, controllate nei loro valori e nei residui di agenti esterni. Oggi tutti i fiori ornamentali coltivati seguendo la normativa fitosanitaria e florovivaistica, e nel pieno rispetto della legge stessa, risultano quindi essere dei prodotti salubri, leciti, tracciati e assolutamente innocui sotto ogni punto di vista.

Normalmente qualunque prodotto agricolo è liberamente coltivabile e commercializzato come alimento. Soggetto a restrizioni fiscali o di altro tipo solo a seguito di particolari trasformazioni industriali.

Potrebbe essere un buon punto di partenza, ma non deve perdere di vista quello che secondo noi è l’obiettivo primario nello sviluppo di questo settore: far emergere le tante piccole realtà virtuose e d’eccellenza, capaci di far brillare il nostro paese con la qualità dei loro prodotti, piccole realtà che generano indotto e ricchezza diffusi da nord al sud del paese nonostante i tempi di crisi, dando lavoro a molti giovani, la categoria meno occupata oggi in Italia.

Arrivare al libero consumo di questi prodotti e di tutti i loro derivati sarebbe una forte spinta economica, soprattutto se orientata alla ricerca e sviluppo della qualità, anche in piccola scala, che contraddistingue le nostre aziende agroalimentari nel mondo. E importante rendersi conto che un settore come il nostro, senza una previsione normativa più articolata che entri nel merito delle destinazioni d’uso e del consumo, rischia di cadere preda esclusivamente di alcuni giganti. 

Ringraziamo i parlamentari che si stanno interessando e spendendo per la causa della canapa industriale e che iniziano a parlare di legalizzazione, ma senza un’azione politica forte è difficile ottenere una destinazione d’uso al consumo, fondamentale per poter mettere in piedi la filiera.

Consolidare il più possibile la dimensione di un prodotto agricolo, consentendone il consumo liberamente, sarebbe a nostro parere, la migliore delle soluzioni. Lavorare per scolpire nel nostro ordinamento diverse tutele orientate a uno sviluppo libero delle varietà, delle ulteriori e diverse destinazioni d’uso e dei metodi di lavorazione e coltivazione.

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